Montebello di Bertona - Associazione Culturale per l'Affresco APS

by Associazione Culturale per l'Affresco Aps
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Montebello di Bertona

GALLERY > 2019

Data: marzo–giugno 2019
Città:
Montebello di Bertona (Pescara)
Nazione:
Italia
Luogo:

Muri delle gradinate della risalita, situate nei pressi del plesso scolastico

Maestri frescanti:

  • Gabriella Bianco
  • Maria Gabriella Carlini
  • Maria Adele D’Orazio
  • Antonella Spelozzo
  • Teresa Tucci
(Soci dell’associazione A.L.F.A.
(Associazione Liberi Frescanti Abruzzesi)
Assistente muratore:
  • Guerino Di Zio
Tema: La storia di Montebello di Bertona, dall’età preistorica all’epoca moderna
Descrizione:
L’associazione A.L.F.A. ha promosso la realizzazione di un ciclo di affreschi con la finalità di rappresentare e valorizzare le tradizioni del luogo e la memoria storica locale e avente inoltre una forte valenza didattica, sia a livello di microstoria locale che di macrostoria a livello nazionale. Con il benestare dell’amministrazione comunale, è stato possibile realizzare una serie di affreschi volti a tutelare il patrimonio culturale facendo conoscere ai visitatori la storia di Montebello di Bertona e, allo stesso tempo, sensibilizzando il pubblico alla riscoperta dell’antica tecnica dell’affresco.
Il progetto consta di quattro dipinti a fresco, ognuno incentrato su un determinato periodo storico, che adornano i muri delle scalinate di una zona filtro tra l’ingresso del paese e la piazza principale, costituendo il “biglietto da visita” del borgo. Di conseguenza, i dipinti assolvono una funzione didascalica in quanto assurgono a veri e propri pannelli informativi dai  quali i visitatori traggono conoscenze storico-culturali.
Le scene sono dipinte con semplicità e chiarezza in modo tale da renderne comprensibile la forma e il contenuto.  La tavolozza è giocata su una gamma cromatica che richiama l’ambiente in cui sono inseriti i dipinti: terre gialle e rosse, fino ai bruni, ma anche i verdi e i blu, colori che si ritrovano nel paesaggio circostante.
La serie di affreschi viene descritta immaginando di percorrere l’itinerario dall’alto verso il basso, partendo dalla fase storica più recente alla più antica.

I MURO “Centro storico di Montebello di Bertona”
Percorrendo l’itinerario dal livello superiore, la narrazione si apre con la rappresentazione del centro storico di Montebello di Bertona e il ricordo dei suoi maggiori regnati. L’antico borgo si presentava come un insediamento sorto su una collina alle pendici del Monte Bertona e che domina il paesaggio sottostante. Nel corso dei secoli il borgo ha conservato tracce dell’impianto topografico originario a cui si sono affiancate o sovrascritte le successive evoluzioni urbanistiche. Tra gli edifici principali si possono riconoscere l’antico castello, la chiesa parrocchiale, le porte del paese. La veduta è illustrata su una pergamena srotolata e tenuta aperta all’angolo in alto a sinistra da un “mazztamburrill”, creatura fantastica appartenente alla tradizione rurale di molte regioni d’Italia. Nel dipinto lo gnomo fa capolino dietro al foglio, con sguardo vispo e tipico copricapo. Secondo la leggenda, questo folletto di montagna vive nei boschi e produce rumori per attirare l’attenzione, mostrandosi benevolo con chi gli è ospitale, mentre è dispettoso con chi gli è ostile. La tradizione popolare lo considera un  messaggero tra il mondo terreno e quello fatato. Tale credenza è ancora ben radicata nell’area abruzzese e in particolare tra i Montebellesi.
Su un altro lembo della pergamena sono rappresentati i ritratti a mezzo busto di due sovrane, che hanno contribuito alla fioritura di Montebello, e lo stemma della città. Con Giovanna II d’Angiò, nel 1418, il castrum di Montebello è sottoposto a Penne e acquista importanza ricevendo privilegi e riconoscimenti dal potere regio. Successivamente, nel XVI secolo, Margherita d’Austria, effigiata secondo la moda del tempo, mostrò interesse per Montebello, che viene annesso dapprima al Ducato di Parma e, in un secondo momento, entra a far parte del dominio farnesiano. Solo nel XVIII secolo il territorio passerà ai Borboni di Napoli.

II MURO “Vicende storiche che si sono svolte nei pressi della roccaforte del Monte Bertona”
Questo dipinto, essendo collocato ad una quota sensibilmente elevata rispetto al piano di calpestio, ha comportato l’impiego di un ponteggio più alto di quelli utilizzati per le altre opere.
In uno scenario paesaggistico in cui si distingue la principale Rocca Bertona circondata da tante piccole fortificazioni abbarbicate sulle colline, si muovono i contingenti militari che avevano assediato il territorio di Montebello di Bertona. A destra, in ordine cronologico, gli armigeri romani, al centro il presidio dei Longobardi, a sinistra il gruppo dei Normanni ed infine, tra le onde, la minaccia saracena, che dal mare si spinse fino all’interno per l’appetibilità del territorio.
Le legioni romane si sarebbero accampate nell’area di Montebello durante i primi anni della Seconda Guerra Sannitica (326-304 a.C.) nell’attesa vana della resa dei  Vestini. Questi avevano trovato rifugio sul Monte Bertona dopo che le loro roccheforti erano state espugnate dall’esercito romano. Con la Romanizzazione l’Abruzzo entra a far parte della Regio IV Augustea (Sabina et Samnium). Nell’affresco, per ricordare questa fase storica, i soldati romani sono stati dipinti secondo l’armatura di età repubblicana, contraddistinta dallo scudo ovale, dall’elmo piumato con i tipici paraguance, i calzari e le lance.
Le fonti letterarie (Historia Longobardorum di Paolo Diacono) datano al VI secolo  la discesa dei Longobardi in Abruzzo. L’esercito longobardo è stato rappresentato con il caratteristico armamentario che prevedeva lo scudo rotondo con decorazioni zoomorfe, dotato al centro di umbone metallico, sia per proteggere la mano, sia per offendere durante il combattimento. Non mancano lance e spade date in dotazione a fanti e cavalieri. Per i combattenti più ricchi era previsto un apparato difensivo, costituito dall’elmo e dalla corazza rivestita di placchette metalliche, ben visibili nelle figure affrescate.
Nell’XI secolo il territorio dell’attuale Abruzzo si trova annesso al nuovo Regno Normanno in cui entra a far parte, nel 1070, il feudo di Penne, a cui Montebello era legata.
Nell’affresco il manipolo dei soldati normanni si distingue per lo scudo amigdaloide e la tunica in maglia di ferro (usbergo).
I gruppi dei guerrieri non comunicano tra loro in quanto identificano tre momenti storici differenti, ma si armonizzano attraverso la dissolvenza delle forme in lontananza e gli intervalli che, separandoli, creano una scansione ritmica corrispondente alla scansione temporale.

III MURO “Insediamento italico vestino in località Campo Mirabello”
Scendendo lungo la scalinata successiva si incontra l’affresco relativo al periodo italico. Gli scavi archeologici compiuti in località Campo Mirabello, nel territorio di Montebello, hanno attestato la presenza di genti italiche. La necropoli individuata nel sito testimonia la frequentazione di quest’area da parte dei Vestini. Questo antico popolo si insediò in epoca protostorica tra il fiume Aterno e il monte Gran Sasso d’Italia, fino al litorale adriatico. Nell’affresco sono raffigurati alcuni tra gli oggetti d’uso quotidiano emersi dai corredi funerari dell’area archeologica: vasellame a carattere potorio, balsamari per unguenti e profumi, peculiarità della quotidianità muliebre, ciotole, ma anche monili, fibule arricchite con inserti eburnei, pendagli a pettine e una testina ornamentale (di tale pregio da essere richiesta in  prestito da altri musei d’Italia e la cui origine fenicia testimonia i contatti con altri popoli dell’epoca), risalenti ad un periodo che va dal VI sec. a.C. al III sec. a.C. Questi manufatti, attualmente conservati presso il Museo archeologico “G. B. Leopardi” di Penne, sono dipinti in primo piano su una fascia che corre orizzontalmente lungo la seconda metà dello spazio compositivo. Gli oggetti appaiono dunque esposti in bella mostra su una sorta di tavolo che funge da piano d’appoggio anche per il gomito della figura femminile.
Nell’affresco, a destra si staglia, cinta da un mantello rosso, la figura stante e imponente di un guerriero il cui corredo militare tipicamente vestino ne connota l’appartenenza al ceto elevato. Al centro, un secondo armigero, anch’egli raffigurato in piedi, fa da perno alla scena. Le due figure militari ricordano nell’armamento uno dei maggiori esempi della scultura vestina rinvenuto in territorio aquilano, il Guerriero di Capestrano. Come il soldato aquilano, i due soldati dipinti indossano corazza e mantello, la cinta con le armi per il combattimento a terra e il caratteristico kardiophylax, disco metallico posto a protezione del cuore, sia posteriormente che sul petto. Gli avambracci sono cinti da armille, semplici o con pendenti, e sul collo è ben visibile il tipico torques; le tibie sono protette dagli schinieri. Il soldato centrale con la lancia è affiancato a sinistra dalla figura femminile seduta abbigliata secondo la moda del tempo, con copricapo e pettorale arricchito di pendaglietti e fermato da fibule.
L’armatura completa e gli ornamenti raffinati delle figure simboleggiano il prestigio sociale e politico raggiunto dal popolo vestino. Inoltre, nella ricca panoplia dei soldati dipinti, ispirata ai ritrovamenti provenienti dai corredi funerari delle sepolture di Mirabello, si estrinseca l’importanza dell’attività bellica per i Vestini e il grado di abilità raggiunta nell’industria siderurgica.
Tra gli elementi difensivi che completavano il corredo militare  si ascrive il caratteristico disco – corazza, raffigurato a sinistra dell’affresco. Secondo la tradizione, questo veniva utilizzato per riparare il busto e si presentava come uno scudo bronzeo recante motivi decorativi. Il disco rappresentato nell’affresco è ornato da segni e simboli che ricordano le lettere dell’iscrizione in lingua paleosabellica del Guerriero di Capestrano. Ma, mentre nella statua-stele la scriptio continua ha valore informativo e configura la scultura come “oggetto-parlante”, nel disco-corazza affrescato le lettere hanno un carattere meramente decorativo, con esclusivo valore ornamentale.  

IV MURO “Testimonianza dell’esistenza umana risalente al Paleolitico Superiore (18.000 anni fa), in Campo delle Piane, nota come Cultura Bertoniana”.
A completamento del percorso storico-culturale affrescato, si incontra il dipinto riguardante il periodo del Paleolitico Superiore, con riferimento alla cultura Bertoniana. Le ricerche archeologiche effettuate in località Campo delle Piane, non distante da Montebello, hanno portato alla luce le tracce di un insediamento di rilievo tale da dare il nome alla cosiddetta facies bertoniana, fiorita circa 18.000 anni fa.
In un’ambientazione paesaggistica che ricorda il territorio pedemontano di Montebello, trovano posto le figure di due uomini primitivi. L’uomo in primo piano è rappresentato intento nella lavorazione dei tipici strumenti in selce usati per la caccia, durante la stagione propizia, o per la concia delle pelli. Tra questi manufatti, che costituivano l’industria litica dell’uomo bertoniano, si annoverano grattatoi, bulini, lame, punte. In secondo piano, un altro uomo svolge le medesime attività trovando riparo in una capanna in legno e pelle, che costituiva la tipologia abitativa dell’insediamento di Campo delle Piane. Questo nucleo era costituito da rifugi frequentati durante la stagione estiva, quando, per praticare l’attività venatoria, il popolo bertoniano si stanziava proprio nei territori circostanti Montebello. Le migrazioni del bestiame spingevano l’uomo primitivo a un nomadismo stagionale che conduceva a trascorrere l’inverno nelle terre vallive e il periodo caldo sui pascoli posti a quote elevate. Le carcasse e gli animali raffigurati sulla roccia a sinistra, sulle orme della pittura rupestre, ricordano che la caccia costituiva per l’uomo bertoniano l’attività economica principale.

COMMENTO
Il progetto è nato dall’idea di Teresa Tucci, membro dell’associazione A.L.F.A., originaria di Montebello di Bertona e vero motore dell’iniziativa. L’amore per il paese natale ha ispirato il lavoro e l’interesse per la tutela delle tradizioni del luogo ha trovato espressione nel ciclo di affreschi. L’obiettivo era quello di rendere imperituro il ricordo della storia del borgo attraverso una tecnica pittorica, quella dell’affresco, altrettanto indelebile.
Una strategica organizzazione del piano di lavoro ha impegnato il gruppo di frescanti per un ampio periodo in cui gli incontri sono stati saltuari, ma sistematici e intensi. Lavorando alacremente e con abnegazione è stato possibile portare a termine il progetto con serenità e facilità. Inoltre ci si è avvalsi della preziosa collaborazione di Guerino Di Zio, paziente factotum a cui demandare, tra gli altri, i compiti relativi alla preparazione e stesura della calce. Guerino ha rivelato, oltre a maestria e destrezza nell’uso e conoscenza dei materiali, grande disponibilità, profonda passione ed entusiasmo.
Ad eccezione delle condizioni atmosferiche talvolta sfavorevoli, che hanno rallentato l’esecuzione senza inficiare la buona riuscita pittorica, non sono state incontrate particolari avversità. Il lavoro si è svolto in maniera fluida e ciò è stato possibile grazie a un rapporto sodale di collaborazione che ha previsto la partecipazione di tutte le frescanti. Ognuna ha contribuito alla buona riuscita del progetto mettendo in pratica i preziosi insegnamenti del maestro Vico Calabrò, il quale, costantemente informato e aggiornato,  ha garantito generosamente disponibilità e sostegno morale.
Visti gli esiti positivi dell’esperienza e l’interesse cha sta suscitando nei visitatori e tra le persone del posto, l’associazione A.L.F.A. intende offrire agli amanti dell’arte la possibilità di misurarsi con la tecnica dell’affresco. A tal proposito, il muro adiacente a quello dell’affresco relativo all’età preistorica, ospiterà la scuola d’affresco.
Referente artistico: Ludovico Calabrò
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